San Vincenzo Grossi

* San Vincenzo Grossi

NOTE BIOGRAFICHE

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La canonizzazione del prete “straordinariamente ordinario”, così è stato definito da alcuni Vincenzo Grossi è avvenuta il 18 ottobre 2015.

Nasce a Pizzighettone (Cremona) il 9 marzo 1845, penultimo dei dieci figli di una famiglia proprietaria di un mulino. Le condizioni economiche della famiglia Grossi, seppur buone, non permettevano di mantenere due figli in seminario. E poiché Giuseppe, che era maggiore di Vincenzo, sentiva nel cuore la chiamata del Signore, quest’ultimo dovette pazientemente attendere che il fratello fosse ordinato sacerdote. Ma non perse tempo, anzi, grazie all’aiuto del parroco, riuscì a sostenere l’esame di ginnasio cosa che gli permette, il 22 maggio 1869, cioè a 24 anni, di arrivare in tempo all’appuntamento dell’ordinazione sacerdotale. A 19 anni, infatti Vincenzo aveva potuto intraprendere il suo percorso in seminario e speditamente giungere al sacerdozio.

Dopo i primi incarichi nelle piccole parrocchie limitrofe alla sua, nel 1873 è nominato parroco a Regona, frazione del suo paese, per cercare di rimediare ai danni compiuti dall’antecessore e ci riuscì presto e bene, trasformandola in un “conventino”, come dicono i confratelli, purtroppo, invidiosi. Don Vincenzo costruisce la sua santità facendo penitenza e trascorrendo molte ore al giorno chiuso nel confessionale dedito alla salvezza delle anime e almeno altrettante ore le passa in prolungato colloquio davanti al tabernacolo.

Organizza feste parrocchiali con lo scopo di tenere i ragazzi lontano da compagnie e divertimenti pericolosi. A preoccuparlo, però, è la gioventù femminile, per arrivare alla quale pensa di farsi aiutare dalle migliori ragazze che si sono affidate alla sua direzione spirituale. Nascono in modo totalmente naturale le Figlie dell’Oratorio, che per letizia e “santa giovialità” devono ispirarsi a San Filippo Neri, per carisma devono essere a servizio della gioventù e lavorare in stretta collaborazione con i parroci, per abito devono avere un vestito semplice e senza velo per poter meglio avvicinare le ragazze. Chiede loro di abitare in case in mezzo alla gente e di lavorare per potersi mantenere economicamente e non gravare sulle casse della parrocchia.

La nuova congregazione prosegue anche quando, nel 1883, il vescovo gli chiede il grosso sacrificio di lasciare Regona per andare a Vicobellignano, una parrocchia difficile con una forte presenza metodista. Qui deve adottare un nuovo stile pastorale, più “in uscita”, per dirla con il gergo di Papa Francesco, a cominciare da questi fratelli “separati”. E si dimostra talmente convincente che il loro pastore decide di andare ad ascoltare le sue prediche, mentre, sorpresa delle sorprese, le famiglie protestanti cominciano a mandare i loro figli alla scuola parrocchiale.

“Lavorate, lavorate, perché in Paradiso si deve andare stanchi… là si vive di rendita”, raccomanda ai parrocchiani e alle sue Figlie, dando per primo l’esempio di un’attività senza sosta.

Il peso degli anni, un po’ di delusione a causa di alcuni parrocchiani, forse un momento di crisi, dal quale i santi non sono esenti, lo portano a pensare di lasciare la parrocchia per dedicarsi esclusivamente alle sue Figlie, ma il vescovo lo convince a rimandare questo passo perché la parrocchia ha ancora bisogno di lui. Muore il 6 novembre 1917 di peritonite fulminante e subito si accorgono che è morto un santo, fattosi tale, nella quotidianità più anonima, “semplicemente” facendo quello che doveva fare e facendo del suo meglio per la gloria di Dio.

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